Il 5 maggio 1998, una serie di frane improvvise e devastanti colpì il comune di Sarno , in provincia di Salerno, insieme ad altri centri del versante campano dei Monti Lattari. Piogge torrenziali e un terreno già fragile causarono il distacco di interi versanti montuosi. Il fango travolse case, strade e vite umane. Il bilancio finale fu tragico: 160 morti, decine di dispersi, centinaia di sfollati.
Fui chiamato quella notte dal mio giornale per documentare l’accaduto. Arrivai a Sarno poche ore dopo la frana principale. Il paese era isolato, il fango copriva tutto. I soccorritori scavavano a mani nude tra le macerie, in un silenzio irreale rotto solo dalle sirene e dai richiami disperati dei familiari.
Le immagini che scattai ritraggono scene difficili da dimenticare: un’intera frazione sepolta, bare trasportate a spalla, volontari in lacrime, strade scomparse. Il fango, denso e grigio, aveva inghiottito intere abitazioni. Alcuni corpi furono ritrovati giorni dopo, lontano da dove vivevano.
Sarno diventò simbolo di una tragedia annunciata. Già da anni i geologi lanciavano allarmi sul rischio idrogeologico dell’area, inascoltati. Dopo la catastrofe, l’Italia si confrontò ancora una volta con la fragilità del proprio territorio e la mancanza di prevenzione.