Com’è la vita quotidiana di un fotogiornalista? Te lo chiedi ogni mattina, quando esci di casa con la macchina fotografica e un tesserino in tasca. Che tipo di servizio mi toccherà oggi?
Si può iniziare con una conferenza stampa in Campidoglio o una sfilata di moda, ma in cronaca tutto può cambiare in un attimo. E così, la giornata può finire davanti a un incendio in un grande albergo romano, dove arrivare prima degli altri — e più veloce — fa tutta la differenza. Come quella mattina all’Hotel Parco dei Principi, quando le fiamme uscivano ancora dalle finestre e i feriti erano per strada. Fui tra i primi ad arrivare.
In questi momenti, la lucidità è tutto. Devi ragionare in pochi secondi: dove andare, dove metterti per lo scatto giusto, che obiettivo usare. La cronaca non aspetta.
A differenza di altri generi fotografici, il fotogiornalismo non si insegna davvero sui banchi. Nessun corso ti prepara a fronteggiare certe situazioni: una linea di polizia che ti blocca l’accesso, i parenti furiosi di un arrestato, o il rischio concreto di stare su un incendio, un crollo, un terremoto.
Ma la vita quotidiana della cronaca è fatta anche di attese, di strade percorse mille volte, di giornate vuote o impreviste. E di ritorni. Perché alla fine, l’importante è tornare a casa interi, magari con qualche buon scatto… e una birra fresca da bere con un collega.